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MARCHIO DI IMPRESA E SLOGAN PUBBLICITARIO

È POSSIBILE REGISTRARE UNO SLOGAN PUBBLICITARIO COME MARCHIO D’IMPRESA?

Che cosa sono gli slogan pubblicitari o claim (i cosiddetti marchio-slogan)?

Gli slogan pubblicitari o claim – (marchio costituito da slogan) sono parole, simboli, disegni creati per mantenere alto il valore e l’unicità del marchio aziendale o del brand dei propri prodotti o servizi; è un marchio registrabile purché abbia carattere distintivo, ossia – a prescindere dal suo significato promozionale – abbia qualcosa che permette al pubblico di riferimento di percepirlo come indicatore dell’origine commerciale dei prodotti e/o servizi da esso contraddistinti. Lo slogan è come se fosse un ritornello attraente che lega solitamente il nome dell’azienda a quella dei suoi prodotti; deve trasmettere al target di riferimento l’idea di cosa rappresenta il marchio e/o il prodotto. Infine, deve differenziarsi da quelli già esistenti, cercando di evidenziare un vantaggio rispetto all’impresa concorrente. 

I requisiti di registrabilità: le linee guida europee.

Lo slogan o claim, per essere registrato dovrà godere dei requisiti di registrabilità di qualsiasi marchio industriale. Lo slogan pubblicitario o claim dovrà essere:

1) distintivo: significa che non può essere descrittivo dei prodotti o servizi nei quali per i quali si richiederà la registrazione dello slogan.

A titolo di esempio, se un’azienda produttrice di pasta volesse registrare lo slogan “la pasta è italiana” questa breve frase sarebbe fortemente descrittiva del prodotto e quindi non sarebbe distintivo.

2) nuovo: altri non abbiano registrato prima di te lo stesso slogan.

3) lecito: non sia contrario a norme di ordine pubblico o contrarie al buon costume o che lo slogan non cerchi di indurre in errore il consumatore finale.

A parere del Giudice europeo il messaggio pubblicitario dovrebbe essere in grado di innescare nella mente del pubblico di riferimento un processo cognitivo facile da ricordare e, di conseguenza, in grado di distinguere i prodotti del richiedente da quelli di altra origine commerciale.

L’Euipo (Ufficio dell’Unione Europea per la proprietà intellettuale) sulla base della giurisprudenza prodotta in questi anni, ha messo a disposizione una serie di linee guida utili ad individuare quando lo slogan presenta non solo un valore pubblicitario, ma anche un carattere distintivo:

“È possibile che uno slogan pubblicitario sia distintivo ogniqualvolta è considerato più di un semplice messaggio pubblicitario che esalta le qualità dei prodotti o dei servizi in questione, in quanto: costituisce un gioco di parole e/o introduce elementi di intrigo concettuale o sorpresa, in modo che possa essere percepito come segno fantasioso, sorprendente o inaspettato, e/o

ha qualche particolare originalità o risonanza e/o innesca nella mente del pubblico di riferimento un processo cognitivo o richiede uno sforzo interpretativo.

Oltre a quanto sopra, le seguenti caratteristiche di uno slogan possono contribuire perché possa essere riconosciuto il suo carattere distintivo: strutture sintattiche insolite, l’uso di artifici linguistici e stilistici, come ad esempio allitterazioni, metafore, rima, paradosso ecc.; purché lo stesso non si riduca ad una “semplice formula elogiativa”. Si potrebbe dire che quindi che quando lo slogan, non è banale e scontato ma impone comunque al consumatore un certo sforzo interpretativo per coglierne il significato, lo stesso si candida ad essere accettato come marchio.

Questo carattere distintivo dev’essere valutato in funzione, da un lato, dei prodotti o dei servizi per i quali è chiesta la registrazione e, dall’altro, della percezione che ne ha il pubblico di riferimento.

La giurisprudenza comunitaria ha riconosciuto la possibilità di registrare slogan pubblicitari come marchi, ma a patto vengano utilizzati gli stessi criteri selettivi utilizzati per altri tipi di segni; la registrazione non può essere quindi esclusa a causa del suo uso elogiativo o pubblicitario, ma il segno deve comunque essere percepito dal pubblico di riferimento come indicazione dell’origine commerciale di prodotti e servizi da esso designati. La sola qualificazione di un messaggio come slogan pubblicitario non comporta in via automatica sempre anche un carattere distintivo, che deve, al contrario essere sempre accertato.

Due esempi di slogan ritenuti sufficientemente distintivi.

A) “Wet dust can’t fly “: Il marchio è stato registrato riguardo sostanze per il bucato. Con Sentenza del Tribunale dell’Unione Europea si è stabilito che il concetto di “wet dust” (polvere bagnata) è letteralmente inesatto, dal momento che la polvere cessa di essere polvere quando è bagnata. Di conseguenza, l’accostamento di queste due parole conferisce a tale concetto un carattere fantasioso e distintivo; l’espressione “la polvere bagnata non può volare” richiede uno sforzo interpretativo da parte dei consumatori, che non saranno in grado di associarla immediatamente ai beni e servizi in questione, poiché, come appena indicato, la destinazione di tali prodotti e servizi non è quella di “bagnare la polvere per impedirle di volare”.Infine, lo slogan mostra un grado di originalità e una certa sonorità che lo rendono facile da ricordare.

B) “Love to lounge”: Il marchio è stato registrato per abbigliamento. Sentenza del Tribunale dell’Unione Europea: ha giustamente rilevato che il marchio contestato richiede un certo sforzo cognitivo dal pubblico rilevante: il pubblico di riferimento dovrà collocare il marchio in un determinato contesto, che richiede uno sforzo intellettuale.

Inoltre, sebbene tale marchio non sia molto fantasioso, possiede una certa originalità che sarà probabilmente ricordata dai consumatori. Al riguardo, il Tribunale europeo ha giustamente rilevato che il marchio non è privo di una certa eleganza, considerato il sapiente uso di due sole parole, elementi che conferiscono al marchio considerato nel suo insieme un grado di eufonia. Il significato e l’originalità del marchio saranno percepiti come un incentivo all’acquisto, ma non costituiscono una mera informazione; al contrario, il marchio permetterà ai consumatori di identificare l’origine commerciale dei prodotti in questione. Di conseguenza, tale marchio possiede un carattere distintivo intrinseco.

Da quanto sopra ne consegue che il marchio costituito da uno slogan, a prescindere dal suo significato promozionale, deve avere qualcosa che permetta al pubblico di riferimento di percepirlo come indicatore dell’origine commerciale dei prodotti e/o servizi da esso contraddistinti. In questo consiste la distintività di questo tipo di marchio.

Il contesto italiano: Cass. civ., sez. I, ord., 23 dicembre 2022, n. 37697.

La Società, protagonista della vicenda, depositava domanda di registrazione del marchio d’impresa “La tua pelle merita di essere trattata bene” quale slogan pubblicitario per diversi prodotti cosmetici. L’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi, ritenendo il marchio privo di capacità distintiva, non concedeva la registrazione. Anche l’impugnazione proposta davanti alla Commissione Ricorsi veniva rigettata sulla scorta delle medesime considerazioni dell’UIBM, evidenziando che il segno era palesemente privo di qualsiasi collegamento con l’imprenditore che pretendeva di farne uso esclusivo e aggiungendo che l’espressione “la tua pelle merita di essere trattata bene” con riferimento ai prodotti cosmetici si connota come dizione estremamente generica e descrittiva dei prodotti/servizi cui attiene.

Manca nell’espressione utilizzata qualsiasi profilo di arbitrarietà linguistica, traslazione allusiva o trasposizione metaforica che assurga ad elemento di distacco significativo idoneo ad indirizzare il pubblico anche sulla provenienza imprenditoriale».

L’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi (UIBM) rendeva noto di non volere concedere la registrazione, poiché “il segno proposto come marchio non è conforme al disposto dell’art. 7 in quanto “mancante di capacità distintiva non è atto a distinguere i prodotti o i servizi di un’impresa da quelli di altre imprese”.

la Commissione ha ritenuto chel’espressione oggetto della richiesta di registrazione rientrasse nella categoria degli slogan commerciali/pubblicitari, riferibili sostanzialmente ai prodotti di bellezza, che per essere registrati come marchi, come tutti gli altri segni, devono possedere almeno un minimo carattere distintivo oltre al messaggio pubblicitario, in modo tale da potersi imprimere nella memoria del consumatore come mezzo di riferimento all’impresa che ne chiede la registrazione. In particolare,la menzionata Commissione ha ritenuto che lo slogan, per possedere carattere distintivo, “non deve tradursi in espressioni comunemente utilizzate nel linguaggio né limitarsi ad informare in termini comuni circa la natura od i vantaggi o le qualità del prodotto o del servizio essendo invece indispensabile la compresenza di un quid pluris atto a farlo percepire dal pubblico come tramite di identificazione dell’origine commerciale dei prodotti o dei servizi consentendone, senza possibilità di confusione, la distinzione da quelli dei concorrenti”.

Avverso la decisione della Commissione, la Società ricorreva davanti la Corte di Cassazione, negando che il marchio rivendicato mancasse della capacità distintiva. La Cassazione confermava il giudizio che aveva portato al diniego di registrazione, evidenziando che lo slogan pubblicitario era palesemente privo di qualsiasi collegamento con l’imprenditore che pretendeva di farne uso esclusivo. In particolare, il ricorso veniva rigettato dalla suprema Corte in applicazione del principio di diritto per il quale«in tema di marchio d’impresa, l’imprenditore ha diritto alla registrazione anche di uno slogan pubblicitario, ma l’espressione contenente il messaggio promozionale deve adempiere alla finalità distintiva ossia essere idoneo a distinguere i prodotti o i servizi offerti da quell’impresa da quelli di altre imprese”.

Da tutto quanto esaminato ne deriva che non possono costituire oggetto di registrazione come marchio d’impresa i segni privi di carattere distintivo e in particolare:

a) quelli che consistono esclusivamente in segni divenuti di uso comune nel linguaggio corrente o negli usi costanti del commercio;

b) quelli costituiti esclusivamente dalle denominazioni generiche di prodotti o servizi o da indicazioni descrittive che ad essi si riferiscono, come i segni che in commercio possono servire a designare la specie, la qualità, la quantità, la destinazione, il valore, la provenienza geografica ovvero l’epoca di fabbricazione del prodotto o della prestazione del servizio o altre caratteristiche del prodotto o servizio. dunque, come ripetuto dalla sentenza della Corte di Cassazione, non è idoneo atti a distinguere i prodotti o i servizi di un’impresa da quelli di altre imprese.

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